Gli italiani che visitano il Canada per qualsivoglia motivo hanno
fluttuato attorno a 100.000 dal 2000 a oggi. Rimando a precedenti scritti per i
dati più precisi. Mi sono chiesto, però, dove vanno i canadesi quando escono
dai loro confini.
E’ evidente che gli Stati Uniti continuano a essere una meta
indiscussa dei canadesi sia per motivi familiari sia per la vicinanza
geografica ; secondo le statistiche del
2000 almeno 820.000 canadesi erano residenti negli USA contro quasi 474.000 con
passaporto italiano. Le 14.666.000 visite del 2000 sono diventate 21.344.000
nel 2011 segnalano quindi un aumento costante facilitato anche dalla lingua comune.
Tuttavia, mentre nel 2000 il Regno Unito seguiva subito gli
Stati Uniti, le medesime statistiche del 2011 mostrano un leggero incremento,
da 797.000 a 862.000, superati però da Messico, 692.000 contro 1.505.000, e da
Cuba, 260.000 a 1.019.000 con la Francia già buona 4° che pur passando da
461.000 a 732.000 insegue ormai la Repubblica Dominicana balzata da 187.000 a
737.000.
Numeri che indicano una tenuta del mercato storico di marca
anglosassone e europea ma indica senza dubbi l’ascesa dei Paesi caraibici così
distanti dal clima ordinato canadese ma anche dal freddo pungente dei mesi
invernali. E come dar loro torto…
Nel 2000 l’Italia figurava al settimo rango con 232.000 esattamente come nel 2011 con 381.000, un numero ragguardevole se
paragonato alla popolazione e ai numeri espressi dal nostro Paese, segno
evidente di un legame familiare ma anche più profondo dal punto di vista turistico-culturale
da parte dei canadesi che merita attenzione e rispetto.
Germania, Paesi Bassi
e Spagna seguono l’Italia ma avanza velocemente la Cina con Hong Kong
ormai a quota 498.000. Fuori classifica il Belgio, l’Austria, il Giappone
rimpiazzati nel 2011 da Jamaica, 203.00, Irlanda, 172.000.
Ed infine al 15° e ultimo rango la Svizzera, rimasta invariata
a quota 145.000.
Un quadro di traffico outbound che merita di essere
esaminato con quello inbound per poter delineare una politica comune tra i
Paesi coinvolti e anticipare le richieste dei mercati futuri.
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