venerdì 14 ottobre 2011

LA VENDITA DI GAS NATURALE LIQUIDO AI PAESI ASIATICI


E’ di questi giorni la notizia che la Kitimat LNG ha ottenuto dal ministero dell’energia canadese una licenza ventennale per vendere il gas liquefatto della British Columbia in Asia. Il contratto proietta il Canada sul mercato energetico asiatico con l’opportunità di diversificare i suoi mercati tradizionali offrendo inoltre una garanzia non comune di continuità in virtù della sua stabilità politica.
La Kitimat LNG si sta preparando alla nuova impresa con la costruzione di un terminale sulla costa occidentale del British Columbia che permetterà ai tankers di caricare il gas destinato a Giappone, Corea e Cina, paesi con cui il Canada ha sempre mantenuto buone relazioni, anche nei periodi della guerra fredda. A chi timidamente ha sostenuto che le riserve di gas naturale potrebbero esaurirsi in fretta, è stato risposto che lì estrazione di gas porterà alla scoperta di nuovi giacimenti.
Questa, che è anche la prima esportazione al di fuori degli Stati Uniti, induce a molti commenti. Infatti mentre questa vendita di risorse naturali, comunque trasportate attraverso la provincia del British Columbia e acque ecologicamente sensibili, non ha trovato nessuna opposizione, il progetto di trasportare petrolio attraverso il Northern Gateway verso le raffinerie del Sud degli Stati Uniti lungo una rotta similare è stato molto contestato. Infatti contro questo oleodotto hanno vivacemente protestato gli ambientalisti e i nativi canadesi che hanno dimostrato di fronte al parlamento di Ottawa.
Il progetto dell’oleodotto è stato fortemente appoggiato dal governo canadese che intravede la possibilità di generare almeno 140.000 posti di lavoro e di creare un’attività economica del valore di oltre 600 miliardi di dollari canadesi tra il 2011 e il 2035. Tuttavia è stato contestato anche da una frangia di parlamentari americani e dagli ambientalisti preoccupati dall’impatto di questi impianti.
Il confronto tra le reazioni o meno ai due piani evidenzia le differenze sempre più profonde esistenti tra Canada e Stati Uniti, che condividono un confine di migliaia di chilometri e una cultura spesso simile, ma che dopo la guerra del Viet Nam hanno intrapreso strade sempre più diverse. L’atteggiamento ambiguo dei canadesi riguardo ai due progetti che hanno praticamente i medesimi vantaggi economici e i medesimi pericoli ambientali, soprattutto verso le terre meno sfruttate dei nativi, dimostra come ciò che appare non corrisponde sempre alla realtà. Stati Uniti e Canada vengono spesso confusi tra di loro al punto che molti studenti canadesi sono costretti a cucire una bandiera canadese sui loro zaini per non essere confusi con i loro coetanei americani.
E che ne sarà del turismo nelle area interessate all’estrazione di gas naturale e scisti bitumosi? L’argomento non è affrontato, o meglio non se parla tanto quanto l’aspetto economico e politico.

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