GRAND RIVER un viaggio
di Wu Ming, 2008
Mi hanno recentemente regalato questo breve romanzo, un diario, scritto da Wu Ming, una band di 5 narratori nata nel 2000.
Presentazione nel risguardo di sovracoperta:
Estate rancida nel mezzo di un paese guasto.
Mettersi in viaggio è il miglior cardiotonico. Mettersi in viaggio allontana la
tristezza. Mettersi in viaggio evita il peggio per il rotto della cuffia. Ogni
volta che lo afferra la voglia di sparare ai passanti dal balcone, Wu Ming
decide: tempo di partire. Lo scrittore coglie al balzo una palla da lacrosse
e si proietta in Canada.
Québec, Ontario, British
Columbia. L’America francese, anglosassone, indiana, L’America che non è Stati
Uniti, patria di un multiculturalismo che brilla e scintilla ma mostra la
corda. Un mese di visioni e pellegrinaggi, tra passato e futuro, vestiti pesanti
di pioggia, piedi che affondano nella melma della Storia o battono le terre
dure delle riserve, sulle tracce di Joseph Brant e sua sorella Molly.
Una storia di tanti anni fa: Joseph e Molly, guide
della nazione Mohawk, nemici della Rivoluzione americana, ancora odiati nel
paese delle stelle-e-strisce, omaggiati ma avvolti di oblio nel paese della
foglia d’acero.
Da Montréal alla
sonnacchiosa Québec, dall’arcipelago delle Mille Isole alla
riserva delle Sei Nazioni, da Brantford a Vancouver (dove tutto è
di più) si allunga la “via francigena” di Wu Ming, tra inukshuk e
chitarre elettriche, caffè lunghi e fucili ad avancarica, lacrime e risate,
totem e tabù.
Un libro per chi ha amato Manituana e per chi non ne ha mai sentito
parlare.
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