lunedì 28 marzo 2011

E' TEMPO DI SCIROPPO D'ACERO


Lo pubblicai il 12 marzo 2007 (MI RICORDO...), uno dei miei primi post su questo Blog. E poi l'ho riproposto il 13 marzo 2008. E siccome da allora i nostri lettori sono aumentati moltissimo, mi chiedo: saranno riusciti tutti a leggere questo amarcord di cui vado tanto fiera e che mi fa rivivere l'emozione di allora ogni volta che lo leggo?
Lo voglio riproporre per i nostri nuovi lettori (il Blog vi offre oltre 800 post!) e spero che quelli della prima ora lo rileggano sempre con piacere.



E’ arrivato il tempo della raccolta! Nei mesi di marzo/aprile la natura sa di doversi risvegliare e in tutte le piante e gli animali si mette in moto quell’energia che riporterà in vita tutto ciò che durante il lungo inverno sopravviveva in un apparente irreversibile letargo. Prima di qualsiasi segno evidente di vita, comincia a circolare nelle “vene” degli alberi di acero la linfa, un liquido trasparente del tutto simile all’acqua, che i Nativi insegnarono ai primi coloni a sfruttare, ricavandone un denso sciroppo zuccherino ed energetico.


Ricordo che la prima volta che i miei genitori mi portarono ad una Cabane à Sucre, a pochi chilometri da Montréal, fu davvero una giornata eccitante. Ancora oggi tutto avviene come 50 anni fa, una grande scampagnata nei boschi ricoperti dalle ultime nevicate della stagione, temperature ancora attorno allo zero, aria frizzante e sole tiepido che ti invita a rimanere all’aperto a divertirti con grandi e piccini giunti qui per la giornata di festa. Nella trepida attesa che la linfa raggiunga la consistenza ed il colore che riconosciamo come sciroppo d’acero (dopo una lunga ebollizione che permette all’acqua di evaporare lasciando solo le sostanze zuccherine), ci si lancia in vorticose corse con le slitte trainate dai cani o con più rilassanti carri con mansueti cavalli che ti trasportano fra i silenti boschi alla scoperta magari di qualche leprotto, un cervo curioso o allegri uccellini, la vita che si risveglia.

E poi, un pasto casalingo in allegra compagnia davanti ad uno scoppiettante camino.

Ci si ritroverà poi tutti fuori per assaporare lo sciroppo caldo, versato sulla neve fresca e consumato raccogliendolo con un bastoncino come fosse un lecca-lecca. Che scorpacciata! E poi giochi e danze di gruppo e tante risate dando il benvenuto alla tanto agognata stagione mite.

Era anche la prima volta che vedevo uno skidoo, e mio padre non perse l’occasione per farci provare una nuova emozione. Una volta in sella alla motoslitta, il mio fratellino sulle sue ginocchia, ed io dietro, le braccia abbarbicate alla sua vita, si parte a gran velocità! Se avessi voluto avrei assaporato l’ebbrezza della corsa a slalom tra gli alberi ma oggi non ricordo nulla di tutto ciò; ricordo solo una grande paura di cadere nella spessa coltre di neve; a quei tempi la motoslitta non aveva lo schienale e pensavo solo “se cado, il mio papà non se ne accorgerà, anche se grido non potrà sentirmi, sprofonderò nella neve e morirò, chiudo gli occhi e stringo sempre più forte le braccia… ah, finalmente siamo arrivati… oh mamma, quante Ave Maria che ho detto!”. Non parlai d’altro per ore, per giorni!

Sulla via del ritorno, con l’immenso sole rosso ormai al tramonto che ci salutava dal vetro posteriore della nostra vecchia Buick, ci addormentammo stremati sul sedile posteriore. In sogno rivedevo la minacciosa coltre di neve candida che tentava di inghiottirmi per non liberarmi più. Oggi ne sorrido perché mia madre mi diceva sempre che quando si è piccoli tutto sembra abnorme, più grande della realtà. Sarà, ma la bellezza mozzafiato di quella natura al suo risveglio oggi è la stessa di allora, anzi più grande e magica che mai, ogni volta che ci torno…

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