martedì 16 luglio 2013

AGOSTO 1997 - QUINDICI GIORNI FUORI DAL MONDO




                                                      Alba sulle sponde del lago Temagami


Pagaiare per 10 ore al giorno; trasportare sulle spalle canoe e bagagli da un lago all'altro in mezzo a foreste di conifere; raccogliersi accanto al fuoco alla sera e raccontarsi storie dai rispettivi Paesi di origine; abbracciare con lo sguardo e la mente la via lattea, ascoltando i richiami misteriosi delle strolaghe. Respirare la natura e ascoltare se stessi. Spingere una canoa nell'acqua solo per raggiungere una meta giornaliera segnata su una mappa. Questo risponderei, in sintesi, se dovessero chiedermi di descrivere i 15 giorni di canoa nel favoloso comprensorio del lago Temagami (Ontario) in compagnia di altri 11 giovani viaggiatori da tutto il mondo nell'estate del 1997.




                                                          Il "Loon" (la strolaga)


Il tutto inizia in realtà qualche anno prima, nel 1993, quando incoraggiato dai miei genitori decido di trascorrere delle vacanze “diverse” e mi avventuro in un “summer camp” nell'Ontario settentrionale. Camp Wabikon (White Flower nella lingua dei nativi) è una colonia estiva per ragazzi sulle sponde del lago Temagami (Deep Blue Water). Al camp, frequentato da ragazzi provenienti da tutto il mondo, anche se per la maggior parte canadesi e americani, si svolgono attività all'aperto di ogni tipo, sfruttando soprattutto la presenza del lago: vela, kayak, canoa, nuoto, beach volley, tennis, football, baseball... La prima campana suona alle 7 del mattino, a seguire ci si ritrova al “morning gathering” dove si canta tutti insieme l'inno canadese. Poi colazione e quindi tutti a svolgere le proprie attività preferite.

Io seguivo con dedizione i corsi di canoa, invogliato più che altro dalla passione per Lisa, la bionda istruttrice del British Columbia con gli occhi azzurri e profondi e con un sorriso contagioso. E così la bella Lisa mi ha insegnato ad andare in canoa tanto da invogliarmi, quell'anno e i successivi, a intraprendere escursioni di 3 o 5 giorni lontano dal campo base.

Nel 1996 decisi di trascorrere al camp 6 settimane, rispetto alle 3 degli anni precedenti, frequentando un corso per diventare “counselor”, più o meno quello che qui si chiamerebbe “animatore”. E così nell'agosto 1997, l'ultimo anno trascorso al camp, ho lavorato come counselor per 4 settimane e ho ho speso le altre 2 viaggiando in canoa.



                                                                      Il "wanigan"


Un'esperienza che consiglierei agli adolescenti di oggi, sempre che siano disposti a vivere 15 giorni senza cellulare, senza internet, senza i-pod, senza tecnologia alcuna... senza niente in realtà. Perché, a ripensarci, l'equipaggiamento era veramente ridotto al minimo, per non avere bagagli ingombranti da dover trasportare, e le possibilità di comunicare con il mondo erano pari a zero. Un paio di magliette e pantaloncini, un paio di costumi da bagno e vestiti pesanti per la sera, oltre a una cerata per ripararsi dai violenti temporali che spesso si abbattono su quelle zone. Il tutto in una sacca impermeabile. Una pagaia, una bandana. E basta. Il resto dell'equipaggiamento era costituito da barili galleggianti per le scorte di cibo, tende, torce per la notte e delle specie di bauli di legno - chiamati “wanigan” - che venivano utilizzati per trasportare corde, utensili da campo e attrezzi vari. Pesavano un'esagerazione e durante i “portage” (i tratti a piedi) venivano portati sulle spalle e bilanciati con un laccio di cuoio sulla fronte.


A distanza di anni, mi capita a volte di ripensare ai “wanigan” e di aprirli, per trovarci dentro i ricordi di un'estate indimenticabile, di 15 giorni fuori dal mondo. O, meglio dire, 15 giorni dentro un mondo più vero e autentico?

Testo e fotografie di Davide Allen Milani, degno figlio di Grizzly Bear.

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