giovedì 28 febbraio 2013

EGILDO E CAROLINA BRAGA, SOPRAVVISSUTI ALL'AFFONDAMENTO DELLA "EMPRESS OF IRELAND" IL 29 MAGGIO 1914 , NEL RACCONTO DELLA FIGLIA ENRICHETTA


Enrichetta Braga aspetta il mio arrivo seduta dietro la finestra con le tendine ricamate della sua casa situata appena dopo “lo stabilimento” di Turbigo, provincia di Milano, forse un po’ ansiosa perché non avvezza a raccontare ad estranei la storia di famiglia. Non è stato facile arrivare a lei, ma la nipote Rosella ha già avuto contatti in passato con altri studiosi e così tutto è diventato naturale, e la presenza della figlia Carla ha contribuito a rendere l’atmosfera piacevole e distesa.

Enrichetta Braga, che  ha compiuto 93 anni il 17 febbraio 2013, è persona affabile e molto vivace oltre ad essere in gamba ,visto che continua a vivere da sola e indipendente. Casa ordinata e costellata dei ricordi di una lunga vita con al centro una delle peggiori tragedie marittime del Canada. Spiego il mio lavoro di ricercatore, teso a far conoscere gli aspetti meno noti dell’emigrazione lombarda, e racconto quanto so, per poi colmare i vuoti con la testimonianza di Enrichetta e le precisazioni di Rosella e Carla.



La storia di Enrichetta incomincia a Ellis Island, New York dove il 27 dicembre 1908 il piroscafo La Lorraine sbarca due emigranti di Turbigo : Egildo Braga e Arcangelo Citterio, l’uno diretto a Eveleth, Minnesota dal fratello Carlo emigrato nel 1906  e l’altro dall’amico Pasquale Bianchini a Herrin, Illinois. Ambedue futuri minatori di ferro e carbone.

Egildo Braga, aitante giovanotto di ventun anni,  si adegua subito al ritmo di vita del campo minerario di Fayal dove l’attività ferve : il ferro è estratto e semitrattato in loco a tal punto che  la popolazione di Eveleth è passata da quasi 2.800 nel 1900 a oltre 7.000 abitanti.  Come d’uso anche Egildo alloggia assieme ad  altri minatori presso una famiglia di compaesani ed infatti  il censimento federale americano del 1910  lo elenca quale boarder pensionante presso la famiglia di Frank e Josephine Colombo. La scrupolosità statistica lo annota quale minatore di ferro al Fayal Camp e ci informa che ha già inoltrato il primo documento per ottenere la cittadinanza americana, solitamente il primo passo verso la decisione di restare per sempre in America.



Egildo,infatti, decide di metter su famiglia, non ha tempo e la possibilità di trovarsi una moglie in loco o di ritornare a Turbigo e contatta quindi la famiglia. Siccome tanti giovani erano all’estero il numero delle ragazze da marito era abbondante e bastava una fotografia o un vago ricordo per combinare un matrimonio. Qualche giovane donna si sposava per procura ma Carolina Braga, cugina di Egildo, preferì attraversare direttamente  l’Atlantico sbarcando a  New York il 27 maggio 1911 a bordo del piroscafo La Lorraine.

 Il manifesto con l’elenco dei passeggeri dichiara che va dal cugino Egildo Braga al 217 di Grand Street di Eveleth, segno che il minatore aveva lasciato la pensione ,ma non aiuta a capire se Carolina, allora diciannovenne, sia partita da sola da Turbigo fino a Le Havre per poi imbarcarsi il 20 maggio 1911. Nel ricordo di Enrichetta la mamma sembra essere stata in compagnia di qualche paesana, ma se lo era, non era di Turbigo in quanto il manifesto non mostra altre persone dirette a Eveleth. La traversata oceanica, sempre con la medesima connotazione di ansia e mal di mare e quel pezzo di formaggio portato da casa che non andava proprio giù, come rammenta Enrichetta con la certezza di chi ha raccolto le medesime frasi per anni senza mai annoiarsi e prestando attenzione ai minimi dettagli.

Carolina parte con grande coraggio e fiduciosa di non andare a Eveleth  brasciacoll a ‘na pianta (a mettere le braccia al collo a un albero ovvero a un futuro marito completamente sconosciuto) ma di sposare l’uomo della sua vita. Enrichetta lo ripete più volte e le foto successive  mandate alla mamma Romorini Maria a Turbigo mostrano infatti  due persone fiere e serene.

Poco dopo il suo disagiato viaggio, il 3 giugno 1911 Egildo e Carolina Braga si sposano a Eveleth e incominciano a progettare il loro futuro. Nasce un figlio, Rino e tutto  procede per il verso giusto. Enrichetta conserva ancora le fotografie a viraggio seppia dei matrimoni che molti emigranti spedivano poi con orgoglio alle famiglie rimaste in Italia.

Ben presto anche Carolina gestirà una casa per pensionanti boarding house e a tutti racconterà all’infinito di avere avuto fino a 17 minatori da accudire ovvero preparar loro pasti all’italiana e lavare e stirare i loro vestiti.


Il fratello Carlo, minatore e pensionante in un'altra casa, si sposa invece nel 1914. L’iter è sempre il medesimo : richiesta alla famiglia in Italia di cercare una ragazza da marito della cerchia familiare desiderosa di emigrare. Un rito ormai collaudato.
La futura sposa Giuseppa Garavaglia,  pure lei diciannovenne, parte con il Rochambeau da Le Havre il 14 marzo 1914 e arriva a New York  il 24 marzo 1914. Questa volta le cosiddette navi del lavoro portano diversi emigranti locali. Ci sono Ronzoni Carolina e Rosa pure dirette a Eveleth e frotte  di emigranti di Castano Primo e Nosate, destinati a St. Louis, Missouri e di Lonate Pozzolo che vanno invece a Crockett e San Rafael, California.  Nel 1913 almeno 90 turbighesi emigrarono negli Stati Uniti, ma nel 1914 causa le incertezze politiche, la cifra scese a soli 15.
Giuseppa lasciava a Turbigo la famiglia con a capo il padre Giuseppe che era emigrato anni prima a Buenos Aires, Argentina, dove lei era nata 1895.
Una grande e meravigliosa fotografia di matrimonio del 1914 che Enrichetta aiuta pazientemente a ricostruire mostra Carlo e Giuseppa circondati da parenti e amici, e soprattutto da Egildo, Carolina e dal loro bimbo Rino. La datazione della fotografia ha richiesto molte discussioni e ipotesi perché non ci sono annotazioni di sorta, e Enrichetta può umanamente identificare soltanto le persone conosciute o di cui si è costantemente parlato. Tuttavia adesso tutto è chiaro. Giuseppa arrivò il 24 marzo 1914 e si sposò quasi subito, certamente prima della partenza di Egildo e famiglia per l’Italia che avvenne l’ultima settimana di maggio del 1914.  Per motivi legati alle promozioni delle compagnie di navigazione il viaggio via mare ebbe inizio a Ville du Quebec, Quebec, Canada, raggiunta  dopo un viaggio in treno di 2250 chilometri, la distanza che la separa da Duluth, Minnesota.


Perché Egildo aveva deciso di tornare a casa? Enrichetta non ha una risposta precisa : Carolina era contenta di stare in America e le opportunità di lavoro non mancavano. Si può ipotizzare un richiamo familiare, allora molto forte in alcune famiglie, per cui Egildo aveva così deciso di tornare per verificare lo stato delle cose dopo sei anni di lontananza. Di fatto a bordo della Empress of Ireland c’erano molti operai licenziati temporaneamente dalla Ford e anche altri minatori rimasti senza lavoro. Non si era ancora spento l’eco dei sanguinosi  scioperi del 1913-14 nella Copper Country Regione del Rame del Michigan e nelle miniere di carbone di Ludlow, Colorado, seguiti nel 1916 da quelli nel Mesabi Range del Minnesota nel 1916. Talvolta il ritorno tra i propri cari era preferibile al disagio della lotta per il pane.

Egildo, Carolina e Rino si ritrovarono quindi a Ville du Quebec in mezzo a una folla di persone che andava naturalmente a Liverpool, scalo comodo per i nordeuropei ma un po’ meno per gli italiani che avrebbero poi dovuto proseguire per altri 1250 chilometri.
L’Empress of Ireland salpò regolarmente alle 1630 da Ville du Quebec al comando del capitano Henry G. Kendall  con a bordo 1477 persone tra passeggeri di prima, seconda e terza classe e membri dell’equipaggio e si inoltrò lungo il fiume San Lorenzo.
Egildo e Carolina declinarono la possibilità di restare nel dormitorio con gli altri bambini – 138 in tutto – e preferirono rimanere con lui negli alloggi di terza classe.
Verso la una e venti del 29 maggio 1914 la visibilità sulla rotta fu azzerata da improvvisi banchi di nebbia. Se ne accorsero sia  la Empress of Ireland sia la nave da carico norvegese Storstad che procedeva in senso opposto ma nonostante le correzioni di rotta dell’ultimo momento la Storstad non riuscì a evitare la collisione. Alle 0155 la prua rinforzata per la navigazione tra i ghiacci della Storstad squarciò la fiancata della Empress of Ireland.  L’urto fu tremendo, la prua della Storstad penetrò nella fiancata della Empress of Ireland creando uno squarcio di quattro metri alto quattordici e penetrando per almeno sette metri sotto la linea di galleggiamento, e la nave cominciò a sbandare su un fianco. Alle 0155 la Storstad riuscì a disincagliarsi.
Quindici minuti dopo la Empress of Ireland non era più visibile.
Quando la Storstad urtò la Empress of Ireland Egildo si svegliò di soprassalto e corse immediatamente a vedere che cosa era successo. Carolina, stà lì ca vo sù a vidè Carolina aspettami che vado sopra a vedere. Egildo tornò quasi subito : Carolina al funda, Carolina affonda.
 Per fortuna si erano tenuti il figlio e non erano rimasti nel dormitorio. 134 dei 138 bambini annegarono e anche loro avrebbero certamente incontrato la medesima sorte.
La nebbia, la paura, la concitazione della folla, Rino, tutto contribuisce a rendere drammatica la scena, ma Egildo sembra avere i nervi saldi, lega in qualche modo il figlio a sé e cerca di capire come salvarsi. Carolina ha paura, hanno indossato il salvagente, ma buttarsi in mare al buio non è facile. Si teme il risucchio visto che la nave sta affondando. In qualche modo raggiungono il ponte, Egildo scalcia malamente un tizio irrazionale che lo ostacola con valigia al seguito. Poi si buttano. A un tratto Egildo si accorge che la forza dell’acqua gli ha sottratto Rino, lo cerca disperatamente, e perde di vista Carolina. Lei ha preso una trave in testa e si è anche ferita alla fronte, sprofonda nell’acqua gelida e risale, resiste poi attaccata a una scialuppa rovesciata.
Enrichetta ha gli occhi lucidi nel rievocare le parole  del padre che si commuoveva sempre  ogniqualvolta, e capitava spesso, fissava il pensiero e il discorso sul tragico evento con un senso di colpa per non essere stato capace di salvare Rino.
Vusean tucc, in un mument a vusea pù nisun urlavano tutti, in un momento non urlava più nessuno.
I soccorsi da parte della Storstad medesima e di altre navi furono rapidi come rapido era stato l’affondamento della Empress of Ireland, ma la tragedia fu immane. Perirono 1012 persone e se ne salvarono 465.
I superstiti furono portati nella vicina Rimouski, dove i Braga cercarono invano di identificare il corpo di Rino tra le salme ritrovate e allineate per il riconoscimento.
A questo punto non restava che tentare di darsi pace e ritornare a casa il più presto possibile. La Canadian Pacific mise a disposizione il Corsican che partì il 31 maggio 1914 alla volta di Liverpool, assieme ai Braga i pochi italiani sopravvissuti.


Ritornati a Turbigo, Egildo Braga di Angelo e Cavaiani Vincenza si risposò con Carolina Braga di fu Felice e Romorini Maria il 18 novembre 1914 nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta di Turbigo. Gli atti del matrimonio americano non erano stati interpretati e la coppia desiderava ricominciare una nuova vita.
L’America aveva lasciato loro molti ricordi, una cintura di pelle con i risparmi del lavoro in miniera e una catenina d’oro, miracolosamente scampati all’evento. Nient’altro. Avevano perso tutto, compresi i vestiti : Carolina raccontava divertita che dopo il salvamento indossava praticamente soltanto la camicia da notte e si coprì per un po’ con una cuerta insù una cuerta da là una coperta su e una coperta di traverso.
La vita riprese. Il 17 marzo 1915 nacque Rina che morì però il 25 novembre 1917. Finalmente il 16 febbraio 1920 nacque Enrichetta Braga, la madre di Carla e Aurelia che continua a tramandare la storia familiare. Seguirono poi Mario Braga (5 ottobre 1924-1 febbraio 2001) padre di Rosella e Pierangela e Rina Braga (15 luglio 1930 – 6 giugno 1931).


Al termine della prima guerra mondiale decine di turbighesi rientrarono o partirono per gli Stati Uniti alla ricerca di nuove opportunità di lavoro e tra di essi Egildo Braga. Questa volta partì da solo da Genova a bordo della Dante Alighieri il 24 settembre 1920 e sbarcò a New York il 9 ottobre 1920. La destinazione era sempre la medesima : dal fratello Carlo Braga ormai stabilitosi definitivamente a Eveleth, Minnesota.
Si fermò un paio d’anni ma qualcosa non aveva funzionato e decise di ritornare in Italia. Sarebbe stato per sempre perché il clima politico italiano non avrebbe più favorito gli espatri.
Il rimpianto di quella notte lo avrebbe perseguitato per sempre, il suo pensiero  sempre rivolto alla nebbia di Pointe au Pere lungo il San Lorenzo dove adesso l’anima di Rino si è nuovamente ricongiunta con quella di Egildo e Carolina.


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